Gestire l’impresa

VIGILANZA SULLE IMPRESE AGRITURISTICHE, LE INDICAZIONI DELL'INL

Privilegiato il rapporto con gli uffici regionali competenti

lunedì 29 luglio 2024

La nota n. 5486 del 16-7-2024 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro fornisce indicazioni ai propri ispettori per la corretta qualificazione delle imprese agrituristiche.
La nota ha il pregio di ricostruire l’evoluzione del quadro giuridico e, in parte, della giurisprudenza.
La norma di riferimento è la Legge 96/20061.
L’Inl è intervenuto sulla materia con la circolare n. 1 dell’11-3-2020 che, dato il periodo un po’ travagliato, non ha ottenuto la dovuta attenzione, richiamando gli orientamenti della Corte di cassazione (sentenze n. 11076/2006, n. 10905/2011 e n. 16685/2015).
Il principio di fondo è che le attività di coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento di bestiame devono comunque rimanere principali rispetto a quelle ricettive e di ospitalità che si pongono in rapporto di “connessione e complementarità” con esse.
Un ulteriore discriminante era la proporzione tra i redditi, il tempo lavoro e i prodotti dell’attività agricola e quella turistica: “laddove si riscontra una notevole consistenza dei redditi ricavati dall’attività di ristorazione, grande sproporzione del tempo dedicato all’attività di ristorazione rispetto a quello dedicato all’attività agricola, con prevalenza del primo e utilizzo di prodotti acquistati sul mercato in misura maggiore rispetto a quelli provenienti dall’attività agricola principale, non può legittimamente permanere una classificazione nel settore agricoltura di tali aziende”.
Le regole per gli agriturismi sono però demandate alle regioni (articoli 3, 4 e 5 della Legge n. 96) che rilasciano il certificato di abilitazione all'esercizio dell'attività agrituristica (articolo 7 della Legge n. 96).
Quindi, le regole nazionali devono comunque tener conto della disciplina regionale di riferimento.
1. Secondo l’articolo 3 comma 3 rientrano fra le attività agrituristiche:
a) dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori;
b) somministrare pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona,
ivi compresi i prodotti a carattere alcoolico e superalcoolico, con preferenza per i prodotti tipici e caratterizzati dai marchi
DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, secondo le modalità
indicate nell'articolo 4, comma 4;
c) organizzare degustazioni di prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita di vini, alla quale si applica la legge 27 luglio 1999,
n. 268;
d) organizzare, anche all'esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell'impresa, attività ricreative, culturali, didattiche, di
pratica sportiva, nonché escursionistiche e di ippoturismo, anche per mezzo di convenzioni con gli enti locali, finalizzate
alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale.
2. La valutazione del rapporto di connessione deve quindi tener conto dei criteri definiti dalle regioni
che integrano la legislazione nazionale.
Un ultimo tassello è costituito dall’art. 68 del Dl. n. 73/2021 che è intervenuto sui criteri per la valutazione del rapporto di connessione delle attività agrituristiche rispetto alle attività agricole.
• Il comma 10 ha stabilito che “al fine di sostenere l’incremento occupazionale nel settore agricolo e ridurre gli effetti negativi causati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, fatti salvi i criteri di cui all’articolo 2135 del codice civile per il rispetto della prevalenza dell’attività agricola principale, gli addetti di cui all’articolo 2, comma 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 96” – e cioè “l’imprenditore agricolo e i suoi familiari ai sensi dell’articolo 230-bis del codice civile, nonché i lavoratori dipendenti a tempo determinato, indeterminato e parziale” – “sono considerati lavoratori agricoli anche ai fini della valutazione del rapporto di connessione tra attività agricola ed attività agrituristica”.
• Il comma 11 ha modificato la stessa L. n. 96/2006 sopprimendo, fra i criteri da utilizzare da parte delle Regioni e Province autonome ai fini della valutazione della prevalenza delle attività agricole rispetto alle attività agrituristiche, quello del “tempo di lavoro necessario all’esercizio delle stesse attività”.
L’Inl trae quindi la conclusione che non è più rilevante, ai fini della determinazione della connessione, la valutazione della maggiore consistenza delle risorse umane impegnate nell’agriturismo rispetto a quelle impegnate nell’attività agricola principale ed è rimessa alle Regioni la disciplina della connessione ai fini della valutazione della sussistenza della prevalenza dell’attività agricola principale.
La conclusione dell’Ispettorato è che, per qualificare l’attività di agriturismo, è necessario verificare i criteri stabiliti dalla legislazione regionale e la rispondenza dell’organismo economico ai requisiti stabiliti dalle norme regionali e dalla disciplina amministrativa dettata dagli enti locali.
Solo nelle ipotesi di significativo scostamento dai requisiti normativi, il personale ispettivo, prima di adottare ogni provvedimento, interesserà gli Uffici regionali competenti al rilascio dell’abilitazione al fine di acquisire ogni utile elemento istruttorio volto a comprovare il corretto inquadramento previdenziale delle imprese coinvolte.

 

Come si vede l’Inl adotta un atteggiamento prudente e privilegia il coordinamento con gli uffici regionali competenti.

 

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