Circolari

INQUADRAMENTO AGRICOLO - RIEPILOGO INPS

Il commento del Servizio Lavoro e Previdenza di Confcoopertive Terre d’Emilia / B.More

lunedì 18 novembre 2024

Come si ricorderà con la circolare lavoro previdenza del 16/10/2024 sono state riportate le indicazioni che la circolare Inps n. 91 del 9-10-2024 ha fornito sul tema della sospensione dell’attività per le imprese agricole. In realtà, in modo un po' strano, l’Istituto nella stessa circolare ha ripreso anche il tema dell’inquadramento agricolo in relazione alla natura giuridica delle imprese.

Va detto, purtroppo, che negli ultimi anni l’Istituto ha emanato una serie di circolari spesso contraddittorie e incomplete, citate anche in quella in trattazione (circolari n. 126 del 16-12-2009, n. 94 del 20-6-2019 e n. 56 del 23-4-2020) e dal nostro servizio lavoro a suo tempo commentate (vedi nota[1]); in questa sede ci soffermiamo sul tema dell’inquadramento agricolo e commentiamo in tal senso in contenuti della circolare 91.

 

Dopo alcuni interventi normativi tra cui spiccava la legge 240 del 1984, la questione ha ripreso slancio con le modifiche all’articolo 2135 cc sull’imprenditore agricolo apportate dal Dlgs 228/2001 e con le altre norme contenute in quest’ultimo provvedimento.

Per avere un’idea basta confrontare i testi dell’articolo 2135 ante e post Dlgs 228.

Art. 2315 cc in vigore fino al 30-6-2001

Art. 2135 cc modificato da art. 1 Dlgs 228/2001

1. È imprenditore agricolo chi esercita un'attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicultura, all'allevamento del bestiame e attività connesse.

Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o all'alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura.

1. È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

2. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

3. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.

 

Segnaliamo, sul testo riportato sopra, soltanto due aspetti:

  • l’introduzione del concetto di “attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico” e soprattutto “di una fase necessaria del ciclo stesso” (comma 2);
  • l’ampliamento del concetto di connessione (comma 3).

Il primo tema potrebbe richiamare i contenuti dell’articolo 6 della Legge n. 92/1979 che considera lavoratori agricoli dipendenti gli operai assunti a tempo indeterminato o determinato da determinate tipologie di impresa. Alcune delle attività descritte potrebbero essere considerate appunto fasi necessarie del ciclo.

Purtroppo, in questi anni non c’è stato un approfondimento, magari anche solo per negare la possibilità, sul fatto che talune di queste attività, o altre ancora, potrebbero essere considerate “direttamente” agricole. Va detto che le circolari Inps sopra citate sono in parte entrate nella questione, ma senza purtroppo trarre indicazioni efficaci quandanche in senso escludente. Tutto ciò, ovviamente, continua a creare qualche rilevante incertezza interpretativa sulla materia.

Sul secondo aspetto, quello della connessione, possiamo osservare una maggiore precisione in ordine alle attività di trasformazione e anche una più puntuale articolazione delle stesse.

È anche molto precisa la descrizione delle attività di servizio per le quali sono ugualmente precisati i limiti e le condizioni per avere la connessione.

Queste modifiche si collegano all’altro punto di novità contenuto nel Dlgs 228.

L’articolo 1 comma 2 prevede infatti: Si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 2135, terzo comma, del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.

Agli addetti ai lavori era sembrata una sorta di ripresa della Legge 240/1984 estendendone il campo di applicazione a nuovi ambiti di attività.

Gli articoli 1 e 2 della Legge 240, infatti, non prevedono che le cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici propri o dei loro soci siano imprese agricole, ma soltanto che queste siano inquadrate, ai fini contributivi, nel settore agricolo.

Il Dlgs n. 228 invece considera imprese agricole le cooperative che per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 2135, terzo comma, cc

  1. utilizzano prevalentemente prodotti dei soci
  2. forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.

Ricordiamo però la delimitazione del perimetro di queste attività determinata dal richiamo all’articolo 2135 e in particolare al comma 3.

Va evidenziato però che una riflessione sul possibile (o meno) collegamento tra Legge 240 e Dlgs 228 non è mai stata fatta dai Ministeri competenti (agricoltura e lavoro). L’Inps, pur non avendo mai approfondito troppo la questione, aveva comunque messo in evidenza soltanto che per le cooperative Legge 240 sono previste soltanto le attività di trasformazione… mentre a queste è preclusa la possibilità di svolgere anche attività di servizio a favore dei soci[2].

In materia di contributi, relativamente alle cooperative di cui al Dlgs 228, dalle parole dell’Istituto traspariva che la contribuzione dovrebbe essere quella agricola “pura” e non quella “mista” (peraltro più favorevole) prevista dalla Legge 240. Ma va detto che anche in questo caso non è mai stata fatta una esplicita comparazione tra le due attività.

A conferma di questo basta notare che la circolare con cui l’Inps tutti gli anni diffonde le aliquote per il settore agricolo (da ultimo n. 26 del 31-1-2024) non cita mai il Dlgs 228.

Ad onor del vero tutte queste considerazioni non hanno portato a grandi ripercussioni sulle cooperative inquadrate in agricoltura ai sensi dell’articolo 2 della Legge240/1984 alle quali, ad esempio, spettano pacificamente le riduzioni contributive per le zone svantaggiate.

Dopo questi necessari rimandi alla normativa sull’inquadramento agricolo, si può passare all’analisi e al commento della circolare Inps n. 91/24.

 

Datori di lavoro iscritti alla gestione agricola Inps

L’imprenditore agricolo

La circolare cita, in primo luogo, l’ormai datato articolo 49 della legge 88/1989 in base al quale l’Inps classifica e iscrive alla Gestione contributiva agricola (GCA) i datori di lavoro che svolgono le attività di cui all’articolo 2135 del codice civile.

Opportunamente si ricorda che l’iscrizione riguarda solo operai agricoli a tempo determinato e indeterminato mentre per gli impiegati deve essere aperta una matricola Dm (Csc 5.01.02).

Il richiamo all’articolo 2135[3] notevolmente modificato dal Dlgs 228/2001 fa sì che la platea dei destinatari, a partire da quel momento, si sia automaticamente ampliata.

 

Gli imprenditori non agricoli assimilati a quelli agricoli

Si tratta di categorie di imprese assimilate a quelle agricole per previsione di legge.

Il primo caso esaminato dalla circolare è normato dall’articolo 1 comma 2 del Dlgs 228/2001[4] ed è relativo all’inquadramento agricolo di cooperative e consorzi di imprenditori agricoli quando a) utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2135 terzo comma prevalentemente prodotti dei soci, b) forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.

L’Istituto compie questa distinzione in quanto nella norma è scritto “si considerano imprenditori agricoli…” e non “sono imprenditori agricoli…

Questa distinzione tra “imprenditori agricoli” e “imprenditori non agricoli assimilati”, non è in linea con le posizioni che Confcooperative-FedAgriPesca ha sempre sostenuto nei vari tavoli politici e ministeriali (ad esempio durante i lavori del codice agricolo, successivamente mai emanato). Del resto, quando il Legislatore del 2001 ha voluto fare un distinguo tra le figure giuridiche si è espresso chiaramente utilizzando il termine di “equiparati” (vedi cooperative forestali o della pesca).

Questa presa di posizione desta qualche preoccupazione nell’interpretazione che l’Istituto potrà dare allorquando il Legislatore utilizza solo il termine “imprenditore agricolo” senza citare la norma di riferimento. In tali circostanze noi consideriamo siano comprese anche le cooperative di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs. n. 228/2001, ma alla luce di tale specifica non siamo certi che l’Inps abbia la medesima interpretazione e, se questo venisse confermato, potremmo avere delle potenziali contestazioni (ad esempio nel caso di srl costituite da “imprenditori agricoli” ai sensi dell’articolo 1, comma 1094, della legge 27 dicembre 2006 n. 296).

A supporto della tesi interpretativa sostenuta da Confcooperative FedAgriPesca notiamo che l’Istituto, in materia di imprese che possono iscriversi alla Rete del Lavoro agricolo di qualità, abbia addirittura ammesso le cooperative di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs. n. 228/2001 nonostante la legge di riferimento si riferisca esplicitamente agli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile (articolo 6, comma 2, del D.L. n. 91/2014).

Il secondo caso citato è quello delle cooperative di cui alla Legge 240/1984. Secondo l’estensore della circolare si tratta di imprese datrici di lavoro che, sebbene non agricole ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile o di norme civilistiche speciali, e quindi classificabili in altri settori ai fini previdenziali, sono tenute a iscrivere i lavoratori con la qualifica di operaio alla GCA in forza di particolari norme.

La circolare cita l’articolo 1 della Legge che prevede l’inquadramento nei settori industria o commercio per le cooperative nelle quali gli acquisti sul mercato siano superiori al conferimento da soci.

Il riferimento, ripetuto nella successiva tabella riepilogativa, ci sembra sbagliato (ma forse c’è solo un problema linguistico). Infatti, è il successivo articolo 2 che stabilisce l’inquadramento agricolo quando non si verifica la condizione di cui sopra, cioè quando il conferimento è prevalente. Per completezza ricordiamo che l’articolo 3[5] prevede la contribuzione del settore industria per alcune prestazioni e limitatamente agli operai[6].

Anche in questo caso non si dice che le cooperative sono agricole, ma che l’inquadramento è agricolo.

L’ultimo aspetto individuato dalla circolare è quello del già citato articolo 6 della legge 92/1979[7].

Questo è l’unico dei tre casi in cui destinatari sono datori di lavoro non agricoli che inquadrano in agricoltura gli operai addetti alle attività individuate.

 

La circolare contiene anche una tabella sinottica che riepiloga i casi di iscrivibilità alla GCA.

  

Datori di lavoro iscrivibili alla GCA

Tipologia di impresa

Normativa di riferimento

Imprese agricole

- art. 2135 del c.c.

Imprese assimilate dalla legge a quelle agricole di cui all’art. 2135 del c.c.

- art. 1, comma 2, del D.lgs n. 228/2001

- art. 1, comma 1094, della legge 27 dicembre 2006, n. 296

Imprese non agricole (settore commercio, servizi, ecc.)

- art. 1 della legge n. 240/1984

- art. 6 della legge n. 92/1979

 

 

[1] La circolare affronta in un paragrafo (il 4°) a parte la fattispecie delle cooperative ai sensi della legge n. 240/1984. Come noto, si tratta di una legge che consente di inquadrare nel settore agricolo le cooperative e loro consorzi, che trasformano, manipolano e commercializzano in prevalenza prodotti agricoli e zootecnici propri o dei loro soci ricavati dalla coltivazione dei fondi, dalla silvicoltura e dall'allevamento di animali.

Ai fini dell’inquadramento nel settore agricolo, nella compagine sociale devono essere presenti uno o più soci produttori agricoli iscritti nella relativa gestione previdenziale. A nostro avviso i soci devono essere tutti imprenditori agricoli.

Secondo l’Inps la differenza tra le cooperative agricole ai sensi del Dlgs 228 e della legge 240 sta nel fatto che le prime possono svolgere entrambe le attività (con i prodotti dei soci e di fornitura di servizi ai soci) mentre la seconda non è prevista dalla Legge 240.

La distinzione è teoricamente vera anche se le due attività sono spesso distinte vista la difficoltà di gestire la doppia mutualità. Comunque, in caso di commercializzazione, manipolazione o trasformazione di prodotti riteniamo che l’inquadramento è sempre quello previsto dalla Legge 240 (con la contribuzione in parte ordinaria e in parte unificata).

La distinzione operata dall’Istituto può portare a una situazione paradossale: le cooperative con una doppia mutualità sarebbero totalmente agricole dal punto di vista previdenziale, cioè, verserebbero per tutti gli operai esclusivamente la contribuzione agricola mentre quelle di trasformazione applicherebbero il regime misto.

Sarebbe stato molto più semplice affermare che le attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione di cui all’articolo 2 comma del Dlgs 228 sono esplicate con le modalità previste dalla Legge 240/1984.

[2] Non è chiara la portata di questa differenziazione considerato che la possibilità di svolgere una pluralità di attività è da sempre consentita, e regolamentata, dall’Inps.

[3] Articolo 2135 cc

È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.

[4] Dlgs 228/2001 articolo 1 comma 2

Si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2135, terzo comma, del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.

[5] Legge 240/1984 - Articolo 3

A parziale deroga di quanto disposto dal precedente articolo e limitatamente alla cassa integrazione guadagni, ordinaria e straordinaria, all'indennità di disoccupazione denominata NASpI,  alla cassa unica assegni familiari e all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, si applicano le disposizioni del settore dell'industria, sia agli effetti della contribuzione che delle prestazioni, nei confronti delle imprese cooperative e loro consorzi di cui al citato articolo 2, che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione, e per i soli dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Limitatamente all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, le disposizioni del primo periodo si applicano anche ai dipendenti con contratto di lavoro a tempo determinato.

Le aliquote contributive a carico delle imprese e dei lavoratori di cui al precedente comma sono parificate a quelle dovute dalle imprese industriali e dai lavoratori dipendenti da queste, limitatamente agli istituti previsti dal medesimo comma.

[6] Per gli oti la contribuzione “settore industria” opera, fin dall’emanazione della Legge 240, relativamente a Cigo, Cigs, Cuaf, Infortuni e, dal 2022, per la Naspi.

Per gli otd dal 2008 la contribuzione contro gli infortuni è dovuta secondo le modalità del Titolo I del Tu Dpr 1124/1965.

Per gli impiegati la contribuzione è quella del settore agricolo.

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