«La mancanza di personale è il principale ostacolo alla crescita delle cooperative, per 1 su 2 è un problema ormai strutturale a cui non sembra esserci rimedio. Da 24 mesi la scarsità di manodopera rappresenta il principale fattore che limita la competitività. Oltre 34.500 lavoratori introvabili. Erano 30.000 sei mesi fa. Investire sulla formazione è una delle poche soluzioni possibili». Lo dice Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative commentando quanto emerge dall’analisi congiunturale completata dal Centro Studi Confcooperative a luglio su un campione rappresentativo delle 16.500 imprese associate che danno lavoro a 540.000 persone.
Il mismatch come principale ostacolo alla competitività: Il sistema Confcooperative subisce il mismatch tra domanda e offerta di lavoro perché ha un peso maggiore di altre associazioni imprenditoriali nei settori socio – sanitario e nell’agroalimentare. Questi i profili mancanti: operatori socio-sanitari, educatori, infermieri, addetti alla logistica e facchini, autisti con patente C, trattoristi, agrotecnici, tecnici dell'energia, personale nella sanificazione e nelle pulizie. Crisi degli stagionali in agricoltura e grido d’allarme anche nelle stalle sociali anche nel turismo dove mancano camerieri, bagnini e animatori nei villaggi. Anche nei supermercati cooperativi scaffalisti e banconisti della macelleria) non disponibili a lavorare d’estate. Nella cooperazione dell’industria e costruzioni sempre più difficile trattenere gli operai qualificati. Introvabili i falegnami. A rischio anche il settore delle costruzioni.
Altri ostacoli: Il 35,5% ha indicato gli impedimenti burocratici e il caos normativo (quota in ulteriore crescita rispetto alla rilevazione precedente). A seguire, tra gli altri fattori che ostacolano il percorso delle cooperative, si registrano l’incertezza e la confusione dovute alle congiunture internazionali, crisi di mercato e burocrazia con il 19,9%, la scarsa liquidità (con il 12,2%), l’insufficienza della domanda e la crisi sistemica (con il 10,8%), i cambiamenti climatici e i danni che ne derivano (con l’1,7%), la scarsità di fattori di produzione (con l’1,4%) e altri fattori prevalentemente di natura esogena (con il 3%).
Inflazione: Sebbene meno sostenute della scorsa estate restano evidenti anche nell’estate 2024 le preoccupazioni sulla risalita dei costi di fornitura per il 33,6% dei cooperatori. Mentre solo l’1,4% prevede una discesa dei prezzi di fornitura a breve termine. Il 65% dei cooperatori, infine, non attende significative variazioni dei prezzi praticati dai fornitori nei prossimi mesi.
Debiti PA: Sul fronte dei Debiti PA le nostre cooperative vantano crediti per 2,5 miliardi con pagamenti medi a 92 giorni che salgono a 1 anno in Sicilia, 227 giorni in Campania, 144 in Calabria, 124 in Puglia, 101 nel Lazio. Solo il 5% delle cooperative ha registrato una riduzione dei tempi. Il 9% ha segnalato, invece, un aumento dei tempi di incasso dei crediti, mentre la maggioranza assoluta delle imprese che lavora con la P.A., l’86%, non ha registrato variazioni significative. In tutte le aree del Paese prevalgono le indicazioni di allungamento dei tempi rispetto a quelle di diminuzione. Con riferimento ai rapporti tra privati, l’86% dei cooperatori non ha registrato variazioni dei tempi medi di incasso dei crediti. L’11% ha segnalato, invece, un allungamento dei tempi di incasso. Il malcostume di ritardare i pagamenti dovuti tra i privati ha un connotato territoriale più evidente al Centro e nel Mezzogiorno.
Previsioni: In tutti gli ambiti operativi la maggioranza assoluta dei cooperatori prevede un andamento stazionario dell’economia nazionale. Tuttavia, il saldo dei giudizi sulla tendenza generale dell’economia italiana a breve termine segnala valori positivi nell’agroalimentare. In tutti gli altri settori oggetto d’indagine, tranne nella cooperazione di consumo e distribuzione che registra un saldo nullo, si rilevano, ancora, saldi negativi. Nella cooperazione dell’industria e delle costruzioni 1 cooperatore su 3 teme oltre a un aumento dell’incertezza anche un trascinamento negativo delle crisi geopolitiche e un arretramento generale dell’economia italiana.