Confcooperative Terre d’Emilia contesta duramente le decisioni assunte dal Governo in materia di revisione prezzi nell’ambito del decreto correttivo del codice degli appalti.
“Mentre per il settore dei lavori si è abbassata la soglia che fa scattare l’adeguamento dei prezzi – sottolinea il presidente della centrale cooperativa, Matteo Caramaschi –, per il comparto dei servizi e delle forniture è rimasta inalterata una norma già punitiva”.
In sostanza – spiega Caramaschi – per i lavori si è abbassata dal 5 al 3% l’asticella oltre la quale si determina il riconoscimento dell’adeguamento dei prezzi (comunque limitato al 90% degli aumenti oggettivi), per i servizi la soglia è rimasta al 5%, così come è rimasta ferma all’80% la quota riconosciuta sugli aumenti subiti dalle imprese”.
“Quello dei servizi – prosegue il presidente di Confcooperative Terre d’Emilia – è un comparto ad altissima densità di lavoro e, oltre al costo legato ai contratti (con un aumento molto impattante sulle cooperative sociali con l’ultimo rinnovo), ha anch’esso a che fare con l’aumento di altri costi che riguardano, ad esempio, i carburanti, la manutenzione delle strutture, gli adeguamenti alle norme sulla sicurezza e così via. E’ dunque priva di senso questa differenziazione che penalizza comparti (dalla ristorazione collettiva, ai servizi socio-sanitari e socio-educativi, al trasporto pubblico) che, soltanto all’interno delle cooperative aderenti alla nostra organizzazione, occupa 33.500 persone”.
Ma l’affondo di Confcooperative va oltre.
“E’ nello stesso Codice degli appalti del 2023 – sottolinea il presidente dell’organizzazione - che c’è una stortura di fondo che continuiamo a denunciare, ovvero il fatto che si stabilisca che il riconoscimento dell’adeguamento dei prezzi avvenga in misura parziale e solo oltre una certa soglia di aumento: decine di migliaia di imprese, in Italia, gestiscono lavori, servizi e forniture che sono di interesse pubblico, ed è inaccettabile il fatto che proprio le realtà pubbliche contengano i propri costi a discapito delle imprese e, perciò, dello sviluppo e dell’occupazione”.
“Vi sono situazioni – incalza Caramaschi – che appaiono di gravità estrema; pensiamo, in questo caso, a realtà che hanno l’obbligo della fornitura di servizi di interesse collettivo (i servizi sociali e la ristorazione, in primo luogo) che non possono interrompere e che, conseguentemente, vengono gravate continuamente di nuovi costi non riconosciuti”.
“Lo stesso parametro preso a riferimento per gli eventuali adeguamenti dei prezzi – osserva il presidente di Confcooperative Terre d’Emilia – è del tutto inadeguato, perché rifarsi al tasso d’inflazione complessivo non tiene conto dell’aumento dei costi reali che, settore per settore, le imprese si trovano a sopportare”.
“Chiediamo allora - conclude Caramaschi – che si elimini con urgenza l’ulteriore discriminazione che si è messa in atto con il decreto di revisione del Codice appalti e che si apra poi immediatamente un tavolo in cui ridiscutere l’impianto stesso dell’adeguamento dei prezzi per appalti, servizi e forniture, mettendo in atto azioni che individuino con precisione le dinamiche dei diversi comparti e l’andamento reale dei costi che ciascun settore deve soppoprtare”.